Agricoltura sostenibile e buona cucina

Più di trenta persone hanno partecipato al secondo dei quattro incontri “Mangiare bene e sostenibilità in città” che organizziamo nell’ambito del progetto MilanoSmartPark #Segantini.

Questo incontro è stato dedicato alla sostenibilità globale del cibo.  la sua produzione e il suo consumo possono essere sostenibili solo se si considerano tutte le componenti alle quali il cibo è strettamente legato: ambiente, società ,economia.

Cibo buono, pulito e giusto

Ce ne ha parlato Carlo Casti, filosofo del benessere e appassionato del “buon cibo”, che ha esordito dicendoci che il gusto del cibo e il piacere di mangiare è un diritto di noi umani, e che questo “diritto al piacere” è stato il pilastro del movimento Slow Food di cui è uno dei fondatori. Ci ha anche consigliato di esercitarlo, questo diritto, “viziandoci” una volta ogni tanto con esperienze culinarie d’alta qualità… anche se costano più dall’usuale.

La cultura del cibo di qualità ha man mano affiancato al “buono” anche il “pulito” e il “giusto”, il che, ingloba chiaramente il concetto di sostenibilità. Slow Food oggi promuove il “diritto di tutti a un cibo buono, pulito e giusto” e la tutela della biodiversità alimentare.

Alleanza consumatori produttori

Carlo ci ha spiegato che per arrivare a questo obiettivo,sono stati creati i “presìdi” perché è importante supportare i produttori pagando un prezzo giusto per  il loro lavoro in modo che possano produrre prodotti di qualità rispettando e proteggendo la natura.  Certamente perché questo diritto sia per tutti, i produttori devono essere equamente remunerati e il prodotto venduto deve avere un prezzo accessibile. Questo può essere raggiunto quando noi, i consumatori, inizieremo a rispettare il lavoro dei produttori pagando un prezzo giusto.

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“Sono le nostre scelte come consumatori che definiscono supportano che tipo di economia e di società abbiamo”

Dall’intensivo al sostenibile
Maria Salomé Gachet ci ha raccontato la storia dell’Azienda Agricola “El Remanzo” in Ecuador per quanto riguarda la produzione di banane. El Remanzo azienda agricola che impiega 27 persone e ha una superficie di 80 ettari di cui 47 sono destinati alla coltivazione della banana, 30 alla coltivazione di olio di palma, e 3 a foresta e zone di vegetazione per proteggere l’acqua.

I proprietari – due ingegneri agronomi, Gabriela e Esteban, – avevano  iniziato nove anni fa scegliendo la produzione convenzionale e intensiva: nel caso delle banane, ciò comporta l’uso dei fungicidi per controllare la Sigatoka, un fungo devastante all’interno della monocoltura,  e del fertilizzante, perché la coltivazione della banana consuma molte sostanze nutritive.

Ben presto si sono convinti che dovevano essere più rispettosi con l’ambiente e hanno cambiato rotta e cominciato a praticare l’agricoltura di “precisione e conservazione”, utilizzando i nutrienti necessari per avere una buona produzione senza alterare le condizioni naturali del terreno.

Come è stato ottenuto.
Sono molti gli accorgimenti che hanno adottato per ottenere questo scopo.

  • Praticano “l’agricoltura di precisione e conservazione”, cioè analizzano quattro volte l’anno sia il terreno sia le foglie per sapere quanti nutrienti ci sono ancora nel suolo e quanto la pianta stia assimilando i nutrienti. Hanno anche una sonda che analizza sempre “in situ” i nutrienti di una soluzione di terreno. Fanno una concimazione frazionata una volta al mese con ciò di cui ha bisogno la coltura, evitando la perdita di azoto per evaporazione e il blocco del fosforo.
  • Per ridurre il numero di fumigazioni utilizzano una soluzione di microrganismi efficienti (Biol), che viene applicata per via aerea. Si conseguono così tre risultati positivi:
    riempire la coltivazione con i microrganismi che apportano i nutrienti attraverso la meteorizzazione(=decomposizione di minerali nel terreno) rendendoli accessibili alle piante
    2. aumentare la materia organica e quindi la fertilità del terreno e la concimazione delle foglie
    3. permette il ripopolamento dei microrganismi nelle foglie: in questo modo la Sigatoka non è l’unico microrganismo, creando un temporaneo equilibrio che riduce la malattia nella coltivazione e aumenta la biodiversità dei microrganismi nell’ambiente. Questo ha permesso di eliminare 5 o forse anche 6 fumigazioni con fungicida all’anno .
  • Inoltre, le banane invendute vengono tritate, inoculate con microrganismi e riportate al campo, restituendo alla coltivazione i nutrienti che avevano assorbito.
  • Per controllare le infestanti utilizzano il decespugliatore che, rispetto al controllo chimico, è meno tossico, evita la contaminazione dei corpi idrici e protegge la biodiversità.
  • Per controllare i nematodi ed altri parassiti nel terreno hanno introdotto anche i funghi benefici.
  • Per proteggere i bacini d’acqua dalle fumigazioni aeree stanno piantando bijao o paja toquilla, piante con foglie voluminose che creano una barriera naturale. Le microgocce fungicide si attaccano alle foglie ed evitano alle gocce di raggiungere l’acqua.
  • Per aiutare la biodiversità e l’ambiente stanno iniziando a piantare alberi in una terra vicina alla piantagione di banane.
  • Sul lato commerciale si sono certificati come commercio equo, una forma di commercio che deve garantire un prezzo equo al produttore e ai suoi dipendenti, e anche la protezione dell’ambiente.

La certificazione “fair trade” è stata una cosa molto positiva per El Remanso, perché le persone sono felici di lavorare con loro e usufruiscono anche di molti corsi di formazione: sulla salute, la gestione agrochimica, ’ ambiente, e presto anche un corso sull’economia familiare (risparmio, finanza).

L’intenzione è di coinvolgere in un prossimo futuro l’intera comunità, perché nelle campagne in Ecuador c’è povertà.

A un altro provvedimento che avevano adottato, usare come coperture sacchi di plastica senza insetticida, hanno dovuto rinunciare: queste coperture sono usate per prevenire danni al grappolo e per consentire la traspirazione e il controllo della temperatura non devono essere ermetiche, cosicché gli insetti riescono a attraversarle causando danni alle banane: le vespe, ad esempio, producono linee fini sulla buccia che creano cicatrici. Se ci sono più di due cicatrici, il compratore restituisca le banane, cosicché l’impiego di coperture senza pesticidi ha causato un numero maggiore di danni, riducendo i punti dell’azienda e alla percezione della qualità della sua produzione. Si è dovuto tornare alle coperture con i pesticidi.

La gente di El Remanso crede in un’agricoltura responsabile nella quale gli agrochimici vengono utilizzati correttamente e allo stesso tempo possono combinare tecnologie organiche che ci garantiscono un prodotto di altissima qualità, senza trascurare la componente sociale che per loro è la più importante, e sono fiduciosi che poco a poco i mercati apriranno le loro menti e tutti insieme lotteremo per un mondo più sostenibile.

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”È importante educare il consumatore a capire che la vera qualità non è una banana perfetta, senza segni, tratti o linee nere.”…

Il video su El Remanzo Ingles è visibile cliccando qui.

 

Storie di integrazione.
Questa volta  di integrazione ha parlato Melani Rodriguez di Johanson, una nostra socia immigrata dal Salvador quando era ancora bambina
Ero arrivata a Milano dopo il grosso terremoto di 1986 quando avevo 11 anni con la mia mamma e la mia sorella. La mamma era venuta prima perché aveva già un lavoro in Italia. Nella Milano di quel tempo Io e mia sorella eravamo le uniche straniere nella scuola.”

In quanto al cibo, Melani racconta: …“Al principio non mangiavo niente, ma dopo mi sono adattata molto bene. Infatti pensavo “che bello che qua l’uva si trova sempre, mentre nel Salvador ci sono solo a Natale.”… Durante tutto questo tempo, Melani non è tornata in Salvador e non ha mai più mangiato frutta tropicale: …”il sapore di quella importata non sarà mai lo stesso della frutta che raccoglievo dagli alberi.”…
Il cibo ha avuto un ruolo nell’integrazione di Melani in una città lontana dalle tue origini?
Sì, mi sono integrata nella cultura Italiana anche attraverso il cibo, lasciando la tradizione culinaria salvadoregna.”

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Melani racconta la sua esperienza di immigrata

 

Un ristorante che percorre sostenibilmente la strada della sostenibilità

Per concludere questo secondo incontro, Alice Delcourt, chef del ristorante “Erba Brusca” insieme al suo socio e partner, l’enologo Danilo ci hanno raccontato come lavorano.

L’Erba Brusca si trova in via Alzaia Naviglio Pavese 286, all’inizio della grande area agricola al sud di Milano. Sul bordo del Naviglio, il ristorante ha della terra dove vengono coltivati ortaggi ed erbe aromatiche che tuttavia, per la sua piccola dimensione, non riesce a fornire verdura a sufficienza per gli 80 coperti che offre il ristorante. Ma i titolari hanno comprato dell’altra terra e presto diventeranno più auto-sufficienti.

Per loro è importante lavorare con prodotti di qualità e la qualità la valutano tramite il gusto e il rispetto per l’ambiente e le persone. I loro fornitori, perlopiù sono aziende agricole di lunga  esperienza, sono virtuosi in quello che fanno perché rispettano la tradizione dei loro prodotti e l’ambiente.

Per l’Erba Brusca è anche importante pagare il prezzo giusto perché sono consapevoli che tutti devono poter contare su un’entrata sufficiente alla fine del mese, e la sostenibilità è anche l’unica maniera di mantenere la qualità nel tempo (=essere sostenibile).

Per questo motivo, ci ha raccontato Alice, non servono manzo perché in Italia non hanno ancora trovato un allevamento che rispetta i loro criteri di qualità. Ci ha detto che negli Stati Uniti, dove i criteri di qualità del cibo in generale sono più bassi che in Italia, stranamente si trovano allevamenti di manzo virtuosi.

Il menu offre prodotti che preservano questa filosofia del rispetto. La verdura di stagione ha un ruolo molto importante all’Erba Brusca.

Danilo ha detto che i traguardi si raggiungono a poco a poco: all’inizio non è possibile fare tutto bene in termini di sostenibilità: per esempio, non possono permettersi,  di comprare sempre nei presidi Slow Food, ma ovviamente li supportano nella misura in cui possono).

Infatti, l’Erba brusca è un ristorante che esiste già da 7 anni, e ciò ci dimostra che è possibile lavorare in un modo sostenibile, pagando il prezzo giusto i produttori che lavorano rispettando l’ambiente, in modo tale che ci sia un profitto economico per tutti all’interno della comunità che si crea intorno al cibo.

Bravi ragazzi, davvero!

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Alice e Danilo: “Con un passo alla volta si arriva lontano

 

E, per finire, ravioli alle verdure degli ortimisti

Alla fine della serata Alice, che ha portato la pasta pronta e la verdura del nostro orto già cotta (broccoletti e foglie tenere, un porro e qualche foglie di cavolo riccio, insomma, quello che c’era nell’orto), dopo il suo intervento ha mescolato la verdura con un pò di ricotta, parmigiano, qualche tuorlo e sale e ha fatto un ripieno “stupendo”. Dopo ci ha insegnato a fare il riempimento.
Alla fine i ravioli già cotti sono state mantecati con burro e la pelle di limone e sono stati serviti con delle foglie di senape anch’esse del nostro orto.

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È stato delizioso, grazie Alice!

Conclusione.

Il cibo come elemento fondamentale per uno sviluppo a sostenibilità globale. Lega fra loro: la qualità dei componenti e il rispetto della terra nel produrli, la possibilità per tutti gli esseri umani di lavorare per produrli e consumarli nel rispetto dei diritti di tutti.

In questo incontro abbiamo continuato a tendere il nostro filo rosso: mostrare diverse avventure di integrazione di persone che sono giunte in Italia, imparare a fare cucina con ingredienti naturali dei nostri orti  e con ricette della tradizione, che tutti possono apprendere.

E soprattutto non dobbiamo dimenticare che le nostre scelte quotidiane su ciò che mangiamo hanno conseguenze sul mondo in cui viviamo, non solo a localmente ma anche a livello globale.